Fango dorato – L’intervista a Tony Cairoli

Fango dorato – L’intervista a Tony Cairoli

Con quell’espressione un po’ timida e i modi non certo autoritari si farebbe fatica, ad una prima occhiata, a credere che quest’uomo sia riuscito in carriera a vincere per ben 9 volte il campionato di motocross. Se il mondo motoristico nell’immaginario collettivo è fatto di ragazzi ben più impattanti, dall’atteggiamento e i modi più disinvolti e un fare un po’ sbruffone, di Tony possiamo dire che sia quasi un antieroe italiano delle due ruote.

Noi italiani siamo abituati a vedere i grandi motociclisti domare bestioni da motori furenti, sportivi dall’accento romagnolo perché è in quella parte di riviera che nascono e crescono i grandi campioni delle moto. Antonio, anzi Tony Cairoli non è nulla di tutto ciò: siciliano di Messina, ci ha messo un po’ a capire che il motocross sarebbe potuto diventare un vero lavoro. Il resto, poi, l’ha fatto lui. Non su regolari piste asfaltate come colleghi più famosi al grande pubblico, ma sugli sterrati più fangosi e tortuosi del pianeta.
Quel suo fare e quei suoi modi all’apparenza timidi vengono lasciati da parte una volta in sella perché, indossato il casco e ingranata la prima marcia, Tony Cairoli diventa un vero e proprio squalo, pronto a sbranare i suoi avversari.
Non ama parlare molto Tony. Forse perché in cuor suo sa che sono il suo palmarès e la sua KTM, dopo tutto, a parlare per lui. E, alla fine, è quello che conta davvero.
Lo abbiamo incontrato durante l’ultima edizione dei Roma Moto Days. Ecco cosa ci ha rivelato.

Tony, ci parli dei tuoi primi momenti sulle due ruote? Che ricordi hai?
I ricordi sono di un bambino appassionato di motori e che finalmente, un giorno, ha ricevuto in regalo una moto dal papà. Immediatamente ho iniziato a girare tutti i giorni sulle due ruote: ricordo che ero felice; felice di provare sensazioni di libertà, di sentire l’adrenalina scorrermi dentro.

Quando hai capito che questa tua passione sarebbe potuta diventare un lavoro?
Quello si capisce quando inizi a fare le gare, prima sul territorio italiano riuscendo a ottenere buoni risultati, poi salendo man mano di livello. Nel mio caso tutto questo è capitato un po’ in là con l’età, perché venendo dalla Sicilia è stato più difficile riuscire ad emergere e farsi notare rispetto ad altri piloti che, essendo del Nord Italia, erano più agevolati. Solo verso i 17-18 anni ho iniziato a capire che sarebbe potuta diventare una professione vera e propria.

Il tuo sport unisce spettacolarità e velocità. Per gareggiare ai massimi livelli serve più preparazione fisica o mentale?
Lo sport motoristico più duro in assoluto è il motocross, questo te lo posso assicurare perché mi è capitato di guidare un po’ tutti i mezzi e quindi l’ho provato sulla mia pelle. Serve sia molta preparazione mentale che fisica quindi mi sento di dire che, alla fine, è un compromesso bilanciato tra questi due aspetti.

Come si trovano le motivazioni per andare avanti, per trionfare ancora, dopo tutto quello che hai vinto?
La motivazione viene prima di tutto dalla mia passione per la moto e per le motociclette in generale. Nonostante tutto riesco sempre ad andare in moto: in garage ho sempre qualche mezzo pronto per essere acceso.

Source: KTM, Credits: Swijgers B.
Ray Archer

In sport come la F1 e la MotoGP c’è stata una grande crescita del lato “elettronica”, che va quasi a interferire con l’abilità del pilota. In che percentuali, nel motocross, pensi contino l’abilità di chi guida e le caratteristiche della moto?
Innanzi tutto sia in Formula 1 che in MotoGP non puoi pensare di partecipare con un’auto o una moto che compri magari dal concessionario dietro casa. Nel cross invece questo avviene: compri la motocicletta dal tuo concessionario di fiducia e, seppur con qualche accortezza a livello di sospensioni, puoi pensare di arrivare a gareggiare ad alti livelli e, se sei bravo, di puntare anche al podio. La storia di questo sport insegna che il cross è una disciplina molto genuina, in cui non c’è una componente di elettronica che interviene in gara e che facilita il compito del pilota, la cui abilità nel mio sport conta moltissimo. Per questo credo che il motocross sia uno sport molto “democratico”, che mette tutti i partecipanti sullo stesso piano e solo chi è veramente bravo riesce a spuntarla.

Come vedi il tuo futuro una volta sceso dalla moto? Rimarrai in questo mondo?
Il mio obiettivo è sicuramente quello di poter aiutare i più giovani ad affacciarsi e affermarsi in questo sport. Voglio impegnarmi per permettere la crescita del cross, anche a livello mediatico. È anche vero che ho una grande passione per tutto il mondo dei motori, non ti nascondo che mi piacciono anche le 4 ruote e per questo le auto potrebbero essere, per me, una “seconda possibilità” di carriera.

Alessandro Creta