Pasticceria: anima e cuore – L’intervista a Corrado Assenza

Pasticceria: anima e cuore – L’intervista a Corrado Assenza

Corrado Assenza

La pasticceria come espressione della propria personalità, la pasticceria come espressione della propria creatività. La pasticceria come completezza in cucina. In questi pochi ma chiari concetti si può riassumere il pensiero di un guru come Corrado Assenza, un maestro che con il suo Caffè Sicilia, a Noto, ha progettato, disegnato e realizzato le nuove frontiere della pasticceria.

Nell’ultima edizione di Identità Golose, a Milano, abbiamo incontrato un vero ambasciatore della cucina italiana, che ha fatto della pasticceria, e del peccato di gola per eccellenza, la sua strada professionale.
Se molti di noi però considerano la pasticceria come tentazione alla quale non poter resistere a prescindere da pasti, orari e calorie, per Corrado Assenza la pasticceria è molto di più. La pasticceria per il maestro siciliano ha un’anima, ha una sua cultura e una sua storia. Una storia che, Corrado Assenza ci ha voluto raccontare.

Per molti la pasticceria rappresenta la trasgressione resa cibo, il vero peccato di gola al quale non si può rinunciare. Un maestro come lei che visione ha della pasticceria?

In realtà nutre, anzi deve nutrire sia l’anima che il corpo, in quanto la pasticceria è cibo e come tale deve soddisfare entrambi gli aspetti. La dolcezza a fine pasto credo sia dovuta a una costruzione sociale e culturale del pasto stesso concepito nella maniera occidentale. Se ci si muove nel territorio o ci si sposta nella storia ci si rende conto di come l’alternanza di dolcezza e sapidità sia cambiata nel corso dei secoli e di come tutt’ora continui a cambiare.

La pasticceria è praticamente una scienza, tra dosi, giochi di misure e miscelazioni. È davvero la branca più difficile della cucina?

Col tempo ritornano. Cambiate, cresciute, maturate. Idee.

Può esserlo anche la cucina: misurata, precisa e pesata come la pasticceria. Solitamente lo schema contemporaneo, datoci essenzialmente dalla mentalità occidentale, è che il cuoco crea e improvvisa mentre il pasticcere ripete perché ha bisogno di essere preciso, costante, quasi meccanico. Pensa però ad una cucina eseguita nella maniera della pasticceria, quanto di impatto e di effetto può riuscire ad essere. Tutto dipende dalla capacità e dalle abilità dell’individuo, pasticcere o cuoco, di gestire in maniera millimetrica il proprio lavoro.

Quali crede siano i punti forti della pasticceria italiana rispetto a quella degli altri paesi?

Posso dirti quelli che io desidero che siano: genuinità, freschezza, stagionalità, territorialità e cultura. Questo è lo stilobate del tempio sul quale erigere la costruzione che verrà, sul quale costruire una pasticceria ideale.

Nel grande successo che negli ultimi anni ha riscontrato l’alta cucina italiana, quanto crede abbia influito la pasticceria?

Dobbiamo considerare un fatto: nell’attuale mondo dell’alta cucina la pasticceria è stata confinata a un ruolo molto marginale. Fai caso a quante pietanze ha un cuoco per esprimere e declinare il suo pensiero e a quante pietanze ha un pasticcere da proporre in un menù. Massimo due con la piccola pasticceria. È uno strapotere del sale, la nostra è una cultura sapida, a scapito di quella più zuccherina.

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La pasticceria ha anche una grande responsabilità, quella di chiudere degnamente un menù…

È un concetto che in molti sostengono ma in pochi effettivamente riconoscono, o mettono in atto. Anche perché poi nell’alta ristorazione e nel fine dining quanto è dedicato del food cost ad un piatto sapido e quanto a un dolce? Quanto ha impatto sul budget del ristorante un piatto sapido e quanto uno dolce? Purtroppo quindi, anche nell’alta cucina, la pasticceria è relegata a un ruolo purtroppo marginale. Al pasticcere si chiede di creare, ma al contempo di costare poco.
Detto questo, più che chiudere un menù il pasticcere deve completarlo e la dolcezza non va inserita solo all’ultimo momento ma ha bisogno di esserci dall’antipasto sino alla fine, presentata in maniera diversa fino al dolce conclusivo. Non si tratta di una dolcezza di zucchero però, ma una di gusto, perché non è lo zucchero che fa buona la pasticceria, ma il gusto.

Quando, secondo Corrado Assenza, un dolce raggiunge la perfezione ed è pronto a essere proposto al cliente?

Quando soddisfa la testa, il palato e il cuore.

Il dolce che ama più di tutti da fare? E quello da mangiare?

Sono quelli che farò, quelli che non ho ancora fatto. Perché sono il risultato di tutto quello che è stato prima, delle esperienze e anche degli errori.

Alessandro Creta

Ph: Brambilla-Serrani