Lo chiamavano midterm. Quale destino per Trump?

Lo chiamavano midterm. Quale destino per Trump?

Le elezioni di metà mandato, in programma il 6 novembre negli States per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato, segneranno il ritorno dell’offensiva democratica?

È un dato di fatto ormai che le elezioni di midterm, questo almeno secondo gli avvenimenti più recenti, registrino la sconfitta del partito del presidente in carica. Nel 2014 era toccato a Barack Obama digerire la vittoria dei repubblicani, mentre nel 2010 e nel 2006, con George W. Bush alla Casa Bianca, furono i democratici ad avere la meglio.

Ma Trump ha dalla sua i numeri che dall’inizio del suo mandato non lo hanno mai tradito, mercati in testa. Positive come mai fino ad ora anche le donazioni alla campagna elettorale repubblicana che, grazie agli sgravi fiscali inseriti nella riforma varata a inizio 2018 (che ha ridotto le tasse societarie dal 35% al 21%), arrivano in misura sempre maggiore da miliardari e grandi corporation. Una riforma di cui hanno beneficiato soprattutto i cittadini con un reddito annuo superiore al milione di dollari… Ma questi benefattori dell’ultima ora saranno sufficienti ad arginare l’avanzata della “blue wave”, l’onda democratica che sembra aver ritrovato forza in bacino elettorale da sempre fertile come quello delle due coste East e West? E i democratici riusciranno così a ottenere la maggioranza alla Camera?

Qui i Dem devono conquistare 24 seggi per avere la maggioranza, quindi raggiungere i 218 deputati, e gli ultimi sondaggi li danno in testa con i repubblicani che invece terrebbero il controllo del solo Senato. Anche secondo le ultime stime di Nate Silver, il vate dei numeri del New York Times, i democratici potrebbero conquistare alla camera 230 o 231 seggi, contro i 209 dei repubblicani, con una chance di vittoria dell’81,6%.

Non va dimenticato che in questa tornata elettorale si voteranno anche 36 governatori – tra cui potrebbe esserci Beto O’Rourke, il candidato democratico in Texas astro nascente del nuovo progressismo americano – cruciali in vista delle presidenziali del 2020.

Il tycoon non resta di certo a guardare: si prepara ad abbandonare il trattato firmato da Reagan e Gorbaciov per vietare i missili nucleari a raggio breve e intermedio, chiama l’esercito per fermare la carovana di 5mila migranti partita il 13 ottobre dall’Honduras, lavora a una norma che cancella l’esistenza stessa dei transgender, bacchetta l’Arabia Saudita sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi ma non dimentica che è un “alleato incredibile” degli Usa.

Che sia iniziato il canto del cigno?!