Questa è l’Italia che sogna

Questa è l’Italia che sogna

C’è un’Italia sportiva che sogna e fa sognare, c’è una truppa azzurra che al Mondiale ci sarà e da protagonista, senza nascondersi, senza timori, con l’obiettivo di arrivare fino in fondo. È un’Italia che ci rende orgogliosi, ma di cui ci si accorge, colpevolmente, il più delle volte solo nelle grandi occasioni. Parliamo di un’Italia competitiva e temuta: è l’Italia del volley, una nazionale che si appresta a vivere in casa una cavalcata che ci auguriamo trionfale.

Protagonista un gruppo che vive per la maggior parte dell’anno all’oscuro di molti riflettori, di quei riflettori che sono puntati per illuminare altri atleti, altri percorsi sportivi che negli ultimi mesi ci hanno fatto soffrire, dannare, arrabbiare. Ora però quelle luci sono nuovamente sopra gli azzurri del volley, e l’obiettivo è tenerle accese e puntate il più a lungo possibile.

La coppa del Mondo di volley sarà protagonista in questo settembre e, venendo da un’estate senza Italia in Russia, la truppa azzurra potrà riscattare il nostro movimento sportivo nei palazzetti di casa.

Si disputerà in Italia (Assago, Bari, Bologna, Firenze, Roma e Torino) e Bulgaria (Ruse, Sofia e Varna) la competizione che raccoglierà tutte le migliori selezioni a livello globale. C’è molta attesa sugli uomini di coach Blengini: Zaytsev e compagni hanno l’opportunità di raggiungere la vetta del mondo di fronte al pubblico amico, ma ad ostacolarli ci saranno altre nazionali altrettanto agguerrite e competitive (Brasile, Usa, Polonia, solo per citare le prime 3 del ranking).

Ha vinto molto in carriera con la maglia italiana Luigi “Gigi” Mastrangelo, storico ex capitano della truppa azzurra che con la Nazionale ha ottenuto, tra le altre cose, anche 3 ori europei, 2 World League, due bronzi e un argento olimpico (Sidney 2000, Londra 2012; Atene 2004) e un argento alla Coppa del Mondo del 2003 in Giappone. Ci ha spiegato cosa vuol dire essere non un semplice pallavolista, ma un pallavolista della Nazionale.

Cosa ti ha spinto a giocare a pallavolo, è stata la tua prima scelta? Anche perché eri quasi poliziotto…

Sarebbe stato il mio mestiere perché i miei avrebbero voluto sistemarmi nel classico posto fisso. Fino a 17 anni ho giocato a calcio poi altri ragazzi, vedendo la mia altezza, mi pressarono affinché provassi con la pallavolo nella squadra del mio paese, Mottola. Ci fu molta insistenza da parte loro, provai un paio di allenamenti, che diventarono 5, 10 e così via…sino ad arrivare a giocare prima al Matera, poi a Milano in Serie A. Fu lì che partì veramente la mia carriera.

A chi ti ispiravi da bambino? Oggi invece in chi si rivede Mastrangelo tra i giocatori della Nazionale?

In verità non mi sono mai ispirato a nessuno, quando ho iniziato col volley guardavo i giocatori del tempo ma non ho mai preso nessuno come modello, mi sono sempre allenato non guardando altri, ma solo per migliorare. Oggi mi dispiace dirlo ma non vedo nessun centrale in Nazionale che possa avvicinarsi ai pari ruolo dei miei tempi. Avevamo altre caratteristiche, più cattiveria, ma molti di quelli attuali sono anche giovani, quindi lasciamoli crescere.

Il calcio è lo sport più nazional popolare in Italia. C’è qualcosa che dal calcio porteresti nel volley e viceversa?

Porterei nel calcio i valori che insegna il nostro sport. Valori come rispetto, il rigore, l’osservanza delle regole, cose che per me nel calcio non ci sono o ci sono in tono minore. La pallavolo è stata una maestra di vita, mi ha lasciato degli insegnamenti che ora cerco di trasmettere ai miei figli perché vedo il volley come sport più educativo. Dal calcio invece porterei invece i contratti (ride, ndr), non proprio con tutti quegli “zeri”, ma ne basterebbe anche una parte…

Veniamo dalla mancata partecipazione al mondiale di calcio, ora molte aspettative sono sugli azzurri di volley. Da sportivo, come spieghi la deblace dei primi e credi che questo fallimento calcistico possa portare al volley maggiore visibilità?

Lo sport vive anche di queste disfatte, in particolar modo quando ci sono dei ricambi generazionali e si passa da grandi giocatori a atleti meno esperti, meno talentuosi e con minore personalità. È successo anche nel volley, quando ha finito la mia generazione c’è stato un ricambio piuttosto brusco che nell’immediato non ha dato molti risultati. Sono momenti che tutti gli sport devono vivere. Nel calcio è andata così perché non ci sono talenti capaci di prendersi la squadra sulle spalle tirando la carretta, si pecca di qualità e personalità. Indossare la maglia azzurra non è semplice, ha un peso notevole e non tutti riescono a portarla.

Io spero che questo porti maggiore visibilità al volley, così come spero che il Mondiale sia trasmesso in chiaro in tv, che lo possano vedere tutti perché solo così si può crescere. Uno sport come la pallavolo deve essere più fruibile e a disposizione della maggior parte delle persone, solo così può crescere.

Come vedi la nostra squadra in ottica Mondiale? Il fatto di giocare in casa rappresenta una grossa opportunità, ma c’è altrettanta pressione?

Non parlerei di pressione. Un Mondiale in casa è una grande opportunità, il pubblico è il settimo uomo e rappresenta un aiuto in più. Quando giocavo io ad ogni punto realizzato veniva giù il palazzetto, e spero che questo possa ripetersi anche ora.
Fare podio la vedo come possibilità concreta, nonostante molte nazionali che al mio tempo non erano di gran livello ora siano molto forti. Dipenderà anche dagli accoppiamenti dopo i gironi, ci vuole anche un po’ di fortuna ma secondo me per l’Italia il podio sarebbe un buon traguardo. La finale sarebbe il massimo ma non disdegnerei un terzo posto.

Atene 2004, a distanza di 14 anni, rappresenta più delusione per il mancato oro o soddisfazione per una grandissima cavalcata?

Dipende da come la si vuole valutare: in quella finale olimpica noi incontrammo il Brasile più forte di tutti i tempi e sul campo demmo tutti noi stessi, loro però era una squadra fortissima con la quale la selezione verdeoro odierna non tiene il confronto. Quella finale per noi non fu un argento ma un “oro bianco”, ci siamo inchinati di fronte ai più forti.

Cosa passa nella mente di un atleta a pochi minuti da una finale olimpica o mondiale? Hai mai avuto qualche rito particolare negli spogliatoi?

Ognuno ha la sua usanza, io ad esempio per scaramanzia indossavo sempre lo stesso slip nelle partite più importanti. Altri miei compagni si concentravano ascoltando musica. Si pensa comunque alla partita, che è un chiodo fisso già dalla sera prima, quando studi gli avversari, guardi i loro video. Anche prima di andare a dormire si cercava di pensare a cosa dover fare in campo.

Guardandoti indietro, hai un rimpianto particolare? E la più grande soddisfazione?

Le soddisfazioni più grandi sono l’Europeo vinto nel 2005 a Roma e l’argento di Atene. Di rimpianti non ne ho molti, forse l’unico è non aver finito la carriera come avrei voluto: sognavo una partita d’addio con i più grandi giocatori, un po’ come si usa fare nel calcio. La pallavolo però non ha lo stesso appeal, nel calcio si mettono in piedi veri e propri show, e nel nostro sport non si è soliti organizzare cose simili.

Progetti futuri e sogni del cassetto?

Per il momento non ho tanti sogni, ma mi piacerebbe un futuro da attore. Dovrei studiare recitazione, prepararmi per bene, però non escludo magari nei prossimi anni di poter intraprendere questo mestiere.

GIRONI MONDIALE

POOL A (a Roma e Firenze): Italia, Argentina, Belgio, Slovenia, Giappone, Repubblica Dominicana

POOL B (a Ruse): Brasile, Francia, Canada, Paesi Bassi, Cina, Egitto

POOL C (a Bari): USA, Russia, Serbia, Australia, Camerun, Tunisia

POOL D (a Varna): Bulgaria, Polonia, Iran, Finlandia, Cuba, Porto Rico