Al Bambino Gesù un’operazione unica. Intervista al Prof. Pietro Bagolan

Al Bambino Gesù un’operazione unica. Intervista al Prof. Pietro Bagolan

Un’operazione unica in Italia, effettuatasi per la prima volta nel nostro Paese lo scorso 30 novembre. La separazione di due gemelline siamesi del Burundi, unite per la zona sacro-coccigea, è stato un intervento che ha richiesto 12 ore di tempo e decine di medici distribuiti in più equipe.

Il Prof. Pietro Bagolan, Direttore Dipartimento di Neonatologia del Bambin Gesù, ha contribuito a scrivere una pagina della medicina moderna italiana coordinando la sua equipe medica ed effettuando la separazione delle gemelle.

Abbiamo intervistato il chirurgo romano e ci ha spiegato quali fossero i rischi dell’intervento, le difficoltà e lo svolgimento di un’operazione che è stata anche un grande spot per la medicina italiana.

Come ci si prepara ad un intervento di questo tipo?

La preparazione deve essere meticolosa: bisogna prepararsi non solo a quello che si dovrà fare ma anche a tutte le possibili sorprese sempre possibili. Si traccia il percorso ritenuto più plausibile ma simuliamo anche delle ipotesi relative a scenari diversi da quelli principali, così da essere pronti a priori.
Quello che occupa più la testa è tutto ciò che si è detto a vari livelli di preparazione sia effettivamente pronto, anche perché alcuni compiti si delegano. Ci deve essere poi l’affiatamento giusto affinché in sala ci sia sintonia e piena integrazione tra le componenti mediche specialistiche e infermieristiche.

Quante possibilità c’erano che l’intervento non andasse a buon fine?

L’incognita maggiore era quella riguardante la futura qualità della vita. C’erano dubbi per la delicatezza delle zone interessate perché si andava a toccare la parte spinale, cioè innervazione di strutture fragili come retto e vescica e zone anatomiche la cui funzione è essenziale per una buona qualità della vita, come l’ano e il retto.

In sala operatoria c’è spazio per la paura di sbagliare qualcosa?

Secondo me, a meno che uno non sia superficiale, il timore di poter commettere un errore o di essere impreciso è sempre presente altrimenti il livello di attenzione calerebbe. Dal mio punto di vista la preoccupazione c’è sempre così come la tranquillità di aver percorso tutti gli scenari possibili a mente serena. Ciò ti prepara a affrontare ogni aspetto.

Nello specifico, in cosa consisteva il suo ruolo?

Io ho supervisionato un po’ tutte le fasi dell’intervento. Nello specifico la mia parte è stata quella di separare tutta la parte digestiva terminale.

Come ci si sente ad aver effettuato un qualcosa di unico nel nostro Paese?

Inutile negarlo, sicuramente è una grande soddisfazione e contemporaneamente penso che il successo sia dovuto alla capacità di aver fatto svolgere il tutto in modo armonico. Altro motivo di soddisfazione è quello di lavorare in una struttura con le tecnologie necessarie per un intervento simile.

Quanto è raro un simile caso e a cosa è dovuto?

Il fatto che nasca un gemello siamese è attribuibile ad una tardiva separazione del disco embrionario. E’ una possibilità abbastanza rara anche se i numeri variano da paese a paese. In quelli meno sviluppati, con minor strumentazione di monitoraggio della gravidanza, questi casi risultano maggiori rispetto a nazioni più avanzate in cui i genitori hanno l’opzione di interrompere la gravidanza.

Dopo una simile operazione, quali sono le prospettive di vita per le gemelle?

Le prospettive di vita oscillano tra il buono e l’ottimo, per confermare questa ipotesi dobbiamo però aspettare un pochino perché, mentre la funzionalità degli arti inferiori si vede subito, questo discorso non vale per quanto riguarda l’efficienza dell’apparato digerente. Per valutare la capacità di essere continenti in maniera normale dobbiamo aspettare che abbiano almeno 3 anni.

Cosa le hanno detto i genitori delle gemelle a operazione conclusa?

La mamma è una signora molto giovane del Burundi, ha espresso molto chiaramente la sua gioia facendo un sorriso a 360 gradi ed un “grazie” in italiano che la diceva tutta sul suo stato d’animo.

Alessandro Creta