Mike Maric. Intervista all’Aquaman italiano: “Dopo i record di apnea ora insegno a respirare”

Mike Maric. Intervista all’Aquaman italiano: “Dopo i record di apnea ora insegno a respirare”

Se non fosse un nome appartenente già ad un supereroe Aquaman potrebbe essere la definizione perfetta di Mike Maric. Anzi, concedeteci la licenza, supereroi o meno questa è e rimane la definizione perfetta per Mike Maric. Non lasciatevi ingannare dal nome, Mike è italiano ma di origine istriana e, sin da bambino, ha avuto un rapporto speciale con l’acqua. Il mare è stato compagno della sua infanzia, grazie soprattutto al padre che gli ha messo una maschera permettendogli di approcciarsi col mondo marino e subacqueo. La passione per l’acqua Mike la scopre, di fatto, sin da subito e questa rimarrà un filo conduttore per se non tutte almeno la maggior parte delle attività che svolgerà negli anni a venire.

Importante è stata la collaborazione e l’amicizia con Umberto Pelizzari, icona dell’apnea a livello internazionale, per il record mondiale stabilito in questa disciplina nel 2004 nuotando 120 metri senza respiro. L’anno successivo è toccato al primato nazionale di apnea dinamica (150 metri), successo replicato per 3 anni consecutivi. Un meritato “pensionamento” dall’attività agonistica passato tra Bahamas, Honduras ed Hawaai a nuotare con i delfini studiando questa specie straordinaria. Una vita non certo noiosa quella di Mike che non è sempre stata “a mollo”, ma anche sui libri. E quanti libri. Riuscendo a coniugare l’amore per il nuoto, la scienza e la ricerca è riuscito a ottenere una laurea in ambito medico ed una specializzazione, continuando poi gli studi sino a conseguire un Master e un Dottorato di Ricerca. L’ultima sfida in ordine temporale quella di maestro ed allenatore. Grazie ai suoi studi e ricerche sulla respirazione, abbinate alle sue conoscenze sportive, Mike è diventato guida di molti atleti, tra i quali anche Federica Pellegrini, Filippo Magnini, Igor Cassina, Sara Cardin, Paolo Pizzo, e tante eccellenze italiane.

Un personaggio insomma non banale, che riesce a “sfruttare ogni secondo della sua giornata” per le sue attività di allenatore, ricercatore e scrittore (“La scienza della respirazione”, il suo ultimo libro). Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo Mike che, tra un allenamento, una lezione ed una nuotata ci ha aperto il suo mondo. Acquatico e terrestre.

Chi è il Mike Maric uomo e chi il Mike Maric atleta?

Il Mike Maric uomo è una persona timida, decisamente carismatica e determinata. Ricercatore presso l’Università di Pavia presso le Scienze Forensi, aspetto di cui non ha mai parlato per una serie di motivi. Il Mike Maric atleta non c’è più, lo è stato qualche anno fa togliendosi belle soddisfazioni ma rimane un amante dello sport che ama non vivere nel suo passato glorioso ma cimentarsi in nuove sfide e nuove avventure. Un ex atleta che rimane presente emotivamente allenando sia atleti di alto livello che più giovani.

Come riesci ad alternare lavoro/allenamenti e conciliare il tutto con la tua vita privata?

La cosa è abbastanza facile e la riassumo in poche parole: “volere è potere” e “organizzazione”. La giornata è fatta di 24 ore, se tu dormi 6 7 rimangono circa 17 ore in cui puoi fare tante belle cose se ti organizzi per bene. A me piace vivere la vita a pieno e mi piace godermela ogni singolo secondo.

Quanto è stato importante Umberto Pelizzari per la tua crescita sportiva? Senza di lui avresti percorso la stessa strada?

Dopo mio padre Umberto rappresenta il mio maestro, la persona che mi ha permesso di effettuare una svolta a livello tecnico e professionale, la persona che mi ha istruito. Lui è stato una base fondamentale per me anche se io il vero salto l’ho fatto da quando, ex atleta, ho approcciato al mondo dell’allenamento e li mi sono creato la mia strada, la mia scienza, e indubbiamente la scienza medica mi ha aiutato a diventare una figura di riferimento per gli atleti di livello che seguo.

Facciamo un salto nel passato: come si ottiene un record mondiale di apnea. Quanto e come ti sei allenato per riuscire in questa impresa?

Qui facciamo un bel salto nel passato (ride). In un passato in cui, ne parlo anche nel mio libro, alternavo la mia attività universitaria e i miei allenamenti. Premettiamo che l’apnea non è uno sport olimpico e non hai dei contributi di cui puoi usufruire a livello professionale. Le mie giornate si dividevano tra i libri e la piscina: una media di 2 allenamenti al giorno o la mattina molto presto o la sera tardi (dalle 20:30 alle 23) e, quando potevo, svolgevo anche qualche lavoretto. La sera quando rientravo dopo mangiato o mi rimettevo sui libri o andavo a dormire. Tutto questo ovviamente per me non era un sacrificio, lo facevo con piacere perché mi divertivo tantissimo. Per stabilire il record ho lavorato circa 9-10 mesi mantenendo questo ritmo.

La tua disciplina presuppone la cosa più innaturale per un essere vivente, cioè non respirare…

Si l’apnea è una disciplina estremamente particolare perché richiede il non respirare. In realtà questo è anche abbastanza “normale” perché noi trascorriamo i primi 9 mesi di vita in apnea nel liquido amniotico e siamo non dico avvezzi all’apnea, ma ce la portiamo comunque dentro e dietro.

Si può affermare che questo sia uno sport in cui la sfida con se stessi è altrettanto importante alla competizione con gli altri atleti?

Indubbiamente è una disciplina piuttosto no limits, la sfida è con la tua testa. Nell’apnea la componente mentale è molto importante: in ogni sport la testa fa la differenza ma nell’apnea, visto che non respiri, ti trovi a gestire una situazione di grande sofferenza che ti induce ad un lavoro mentale ancor più importante. Per questo oltre alla sfida con gli altri c’è prima di tutto quella con se stessi.

Che rapporto hai con l’acqua? Come bisogna approcciarsi ad essa? Anche il più esperto deve comunque avvicinarcisi con rispetto e timore?

Io con l’acqua ho avuto e ho un rapporto particolare: mi ha regalato vittorie incredibili ma mi ha anche tolto il mio migliore amico. Da lì è nata la mia paura dell’acqua che non va temuta tantomeno odiata ma rispettata in ogni sua forma. Io insegno ai bambini a non fare sfide di apnea, consiglio di giocare a coppie in acqua, nuotare al mare in coppia e mai approcciare all’acqua da soli. Consiglio anche di non fare stupidaggini da soli a casa nemmeno nella vasca da bagno. Lasciate fare tutte queste cose ai professionisti, rispolverando un celebre detto: “Don’t try this at home”.

Quanto e come si è evoluto il movimento apneistico da quando hai iniziato? Quali ulteriori sviluppi prevedi

Negli anni 2000 ci sono stati tanti campioni ed adesso l’apnea sta diventando una disciplina vera e propria perché il numero degli adepti in questo sport è aumentato in modo incredibile, così come il numero delle competizioni in questa disciplina. L’apnea sta evolvendo verso una pratica sportiva riconosciuta: mi spiego, oggi io sono allenatore di apnea, titolo riconosciuto dal Coni. 10 anni fa questa figura sarebbe stata utopia e da parte mia posso dire che aver portato questa disciplina in determinati ambiti sportivi accanto ad atleti come Federica o Filippo (Pellegrini e Magnini, ndr) probabilmente è un segno che l’apnea, e soprattutto le tecniche di respirazione, hanno acquisito un ruolo importante.

Recentemente hai scritto anche un nuovo libro, “La scienza del respiro”. Respirazione e nutrizione sono due aspetti fondamentali di questa disciplina. Ci può descrivere la loro importanza? Possiamo dire che l’apnea sia il risultato di un mix tra sport e scienza?

Assolutamente sì, motivo per cui ho chiamato così il libro. Se da una parte oggi si sa tantissimo sulla nutrizione e sull’alimentazione si conosce ancora poco sulla respirazione. Eppure questa è il primo fabbisogno fisiologico per la vita, ma è quello più sottovalutato perché automatico. Mentre tutti, atleti e persone comuni, stanno attenti a quello che mangiano nessuno o quasi da importanza ad una respirazione corretta che dovrebbe fare parte di uno stile di vita corretto a livello di salute e prevenzione. Nel mio libro parlo di scienza del respiro perché sulla rivista “Science” nel marzo 2017 è stato pubblicato uno studio su come una respirazione consapevole serva a diminuire lo stato di stress. Questo è stato scientificamente provato e io mi baso su presupposti medico scientifici. Anche per questo il mio è un libro per tutti: vado a parlare dell’asma, dell’oncologia, del rilassamento, dello stress, di piccole ricette di alimentazione per respirare meglio. Piccole perle di scienza insomma.

Ci parli della monopinna e del suo utilizzo?

La monopinna è stata il mio cavallo di battaglia ed il mio primo libro fu sulla monopinna. Questa è l’equivalente della coda dei delfini, sono due pinne unite che ti permettono di muoverti come loro. A questo attrezzo ho dedicato anni di studio e con questo mi sono approcciato al mondo del nuoto. La monopinna è per molti ma non per tutti e si insegna anche ai bimbi che magari sognano di muoversi come delfini o come le sirene. Io questo sogno l’ho realizzato, ho nuotato come un delfino assieme al delfini e quindi è un attrezzo che regala molte emozioni e soddisfazioni. Deve essere imparato, come tutte le cose, perché all’inizio ti sembra di essere un po’ un salame legato (ride) perché hai i piedi uniti e ti cambia un po’ tutta la meccanica del movimento.

Cosa consiglieresti ad un ragazzo che si approccia per la prima volta a questo sport? Oppure cosa per convincere i più giovani ad avvicinarcisi?

Quello attorno all’apnea è un modo estremamente affascinante e lo consiglio perché prima di tutto ti permette di crescere come persona. Devi fare un lavoro introspettivo, di crescita e maturazione a livello mentale. Secondo, devi fare attività fisica “a secco” perché poi quando sei in acqua devi essere supportato dal tuo corpo. Terzo motivo l’apnea poi ti porta ad allenarti in piscina che, secondo me, è un ambiente meraviglioso. Quarto motivo il fatto che ti sviluppa sia le capacità mentali che il carattere: ti fa diventare molto forte, ti permette di conoscere il tuo corpo ed i tuoi limiti.
Consiglio assolutamente di affiancarsi ad una buona guida per svolgere questa pratica in sicurezza, perché può diventare pericolosa. Non lo è ma come tutte le cose devi seguire un percorso, rispettare certe regole ed essere affiancato da una buona guida. Ora sono io che mi ritrovo ad affiancare altri atleti e la possibilità di seguirne di importanti mi regala un’immensa gratificazione perché in ogni loro bracciata, pedalata o respiro io sono lì con loro.

Progetti e programmi futuri? Gli appassionati dove ti potranno incontrare?

Sulla mia pagina social ( https://www.facebook.com/mikemaricofficial/ ) ci sono tutti i casini che combino. Ora sono impegnato nella promozione del libro e quindi girerò un po’ per l’Italia a parlare di gestione dello stress e su come non rimanere senza fiato nella vita di tutti i giorni.