Colazione all’italiana, da Tiffany

Colazione all’italiana, da Tiffany

«Alessandro ha una stimata reputazione per creatività e performance, avendo in precedenza lavorato per marchi internazionali. La sua visione e il suo approccio team-oriented abbracciano i valori di Tiffany» con queste parole Michael Kowalski, chairman e interim Ceo, ha commentato la nomina, avvenuta il 13 luglio, di Alessandro Bogliolo che dal 2 ottobre ha preso in mano le redini del marchio americano Tiffany & Co.

Chi è Alessandro Bogliolo?
Un manager italiano di 52 anni che vanta nel suo curriculum esperienze dirigenziali notevoli in diversi brand internazionali; laureatosi all’Università Commerciale Luigi Bocconi nel 1991 inizia la scalata lavorando per 5 anni in Piaggio Group come vice presidente del reparto vendite e marketing.
Nel 1996 inizia un’esperienza davvero rilevante ricoprendo per 16 anni il ruolo di COO (Chief Operating Officer, ovvero direttore operativo) e vice presidente in Bulgari. Durante questa esperienza Bogliolo ha modo di consolidare un rapporto professionale con Francesco Trapani (il manager italiano Ceo del brand) che traghettò il marchio italiano verso l’acquisizione da parte di Lvmh, leader mondiale dei prodotti di alta qualità di cui Bernard Arnault è presidente e Ceo.
Successivamente Bogliolo viene nominato Chief Operating Officer per il Nord America di Sephora e nel 2013 diviene finalmente Ceo Diesel.
Fino a quando Francesco Trapani, che a febbraio scorso è entrato nel Cda di Tiffany, ha presentato la candidatura di Bogliolo al colosso dei gioielli.
Il nuovo Ceo di Tiffany ha sicuramente convinto la società americana per la sua lunga esperienza nel settore della moda, ma è probabilmente una particolare esperienza che deve essere spiccata allo sguardo attento di Tiffany, quella di Sephora. Una realtà che conta oltre 750 punti vendita in 17 paesi del mondo e che come Tiffany ha la maggiore forza nel network di negozi sparsi nel mondo, ma concentrati in particolar modo negli Usa.

La febbre di Tiffany
Le lusinghe preliminari, post nomina, non sono mancate dalle due parti: il colosso mondiale ha definito Bogliolo come «un veterano dell’industria del lusso che ha lavorato per 16 anni a Bulgari in qualità di direttore operativo e vice presidente esecutivo. Di recente è stato l’amministratore delegato di Diesel». Di tutta risposta il nuovo Ceo ha dichiarato «sono onorato ed entusiasta dell’opportunità di guidare questa azienda così importante. Tiffany, con la sua storia leggendaria, ha sempre rappresentato il lusso, lo stile e uno straordinario standard di qualità ed eccellenza. Mi impegnerò a rafforzare la posizione della compagnia come uno dei più importanti marchi del lusso e diffondere il suo valore a tutti i suoi consumatori».
Lavoro non facile in realtà. Tiffany è reduce da un periodo opaco, segnato da risultati finanziari deludenti negli ultimi trimestri che hanno pesato sul titolo in Borsa, motivo che ha portato al licenziamento con effetto immediato dell’Ad Frederic Cumenal, e alla successiva nomina estiva di Bogliolo. Il crollo delle vendite arriva proprio dalla terra di nascita del marchio ed è dovuto principalmente al disinteresse degli acquirenti più giovani che si sono orientati verso preziosi più economici.
«Dopo le dimissioni a febbraio di Fredreric Cumenal, si capiva che la ricerca del nuovo Ceo avrebbe preso un’altra direzione. Bogliolo, portato da Trapani, è ben qualificato; la prima sfida per Tiffany è conquistare i giovani consumatori senza abbandonare i clienti core, come dire la strada ideale che porta a Lady Gaga, la new testimonial del brand, da Audrey Hepburn», commentano gli analisti di Citie.

I negozi di Tiffany sono rimasti vuoti a lungo: cambiano le mode, non ci si sposa più, l’e-commerce avanza, sono tanti i motivi che spiegano la parziale crisi del brand. E negli ultimi mesi anche l’elezione di Donald Trump, che ha il suo bunker di sicurezza proprio accanto al famoso negozio sulla 5° Avenue di New York, ha tenuto lontani i consumatori con un crollo delle vendite del 14% sotto il periodo di Natale 2016.
Fattore poi da non sottovalutare è la rinnovata ricercatezza di quell’aurea di esclusività che oggi è tornata a contraddistinguere non più solo i consumatori di alta gamma, sempre più esigenti, ma anche chi punta a un lusso più accessibile.
Come restare esclusivi vendendo a milioni di persone? Questo è il nodo da sciogliere per tutto il mondo del lusso.
Bulgari, ad esempio, sotto la guida di Jean-Christophe Babin ha cercato una soluzione ottenendo un buon feedback: riduci i carati, ritocca i diamanti, elimina le pietre ma mantieni i colori accesi, sposa l’oro con l’acciaio e otterrai un prodotto di qualità con una manodopera e con materiali più economici. Un lavoro raffinato che ha permesso di creare linee accessibili senza stemperare l’aura di esclusività.
Una reazione dunque necessaria per Tiffany, che da parte di Wall Street riceve un’approvazione alla nomina di Alessandro Bogliolo a Ceo di Tiffany – gruppo che vale 4 miliardi di dollari – con un incremento del 2,15%, attestandosi oltre quota 94 dollari per azione.
I mercati reagiscono bene alla notizia anche in considerazione delle ultime manovre messe in atto dal gruppo: la nomina di Bogliolo arriva insieme all’apertura della terza boutique di Tiffany a Milano, 1000 metri quadrati, con le vetrine rigorosamente in blu come nel film, che si affacciano sul Duomo e con arredi di opere d’arte.

Un doppio colpo italiano. D’altronde, come spiega il vice presidente di Altagamma Armando Branchini, «gli italiani sono particolarmente bravi nel “brand positioning management”, ricercati per rimettere in sesto griffe che hanno perso la loro identità, come prova Marco Gobetti, chiamato a risanare Burberry’s ».
Bogliolo si aggiunge così alla lista dei numerosi altri italiani in posizioni apicali in Tiffany: a capo di Italia e Spagna c’è Raffaella Banchero, mentre general manager della divisione orologi è Nicola Andreatta.

«Bogliolo sarà sicuramente chiamato a un’accurata revisione del network dei negozi, considerata la sua forte presenza nei department store», commenta Jalena Sokolova, cfa analyst di Morningstar, e le occasioni per rinnovarsi sono su diversi settori, come sostiene Luca Solca, head of luxury goods di Exane BnpParibas: «Tiffany ha parecchie sfide di fronte a sé, ma anche molte opportunità, come utilizzare internet per vendere il cosiddetto silver, separare quanto possibile silver e gioielleria nel retail, rifare i negozi negli States e sviluppare il design sia degli orologi che dei gioielli». C’è molto da fare, e invece Tiffany è rimasta quasi ferma negli ultimi due anni.
Ora, con l’arrivo di Bogliolo la ‘squadra Trapani’ si appresta all’affondo finale anche grazie al supporto di Reed Krakoff che ricopre da inizio anno una qualifica mai esistita prima, quella di Chief Artistic Officer, un importante passo in avanti che permette una delega sui prodotti.
E ora tutto il mondo del lusso (e non) si sta chiedendo quale sarà la fantasiosa e innovativa ricetta “italiana” per Tiffany. Quale mix di ingredienti farà ritrovare al colosso nordamericano quella lucentezza parzialmente perduta?

Stefano Valentini