Italicum sì, Italicum no

Italicum sì, Italicum no

C’è trepidazione per la sentenza della Corte Costituzionale attesa per il 24 gennaio (data che potrebbe anche slittare). Nel frattempo, rispunta il Mattarellum…

La Corte Costituzionale avrebbe dovuto discutere le eccezioni di costituzionalità sollevate sulla legge elettorale il 4 ottobre, ma il rischio di interferire con il referendum aveva fatto slittare la data, oggi fissata per il 24 gennaio. Sotto la lente d’ingrandimento i principali cambiamenti introdotti dall’Italicum in merito all’attribuzione dei seggi e del premio di maggioranza, all’ipotesi di ballottaggio e all’introduzione dei capilista bloccati.
Se è vero che da quando è stato proposto – nel maggio 2015 – il testo di legge ha subito infinite modifiche, è anche vero che la versione attuale non ha mai soddisfatto pienamente, soprattutto la maggior parte dei deputati dell’opposizione che, al momento dell’approvazione a luglio 2016, avevano deciso di non partecipare al voto, considerato “un atto di viltà” – così lo aveva definito Riccardo Nuti del Movimento 5 Stelle 112748402-f9cfbf0c-53dc-4864-b27a-6bfc8a2b1cbb– salvo, poi, richiedere oggi, alla luce del risultato del referendum e delle più rosee prospettive elettorali, di andare quanto prima possibile al voto con quello stesso Italicum, pur se rivisto dalla Consulta.
Ma senza entrare nel merito delle dinamiche di partito, torniamo sui passi della legge.
La necessità di una nuova legge elettorale si era palesata dopo che, a dicembre 2014, la Corte Costituzionale aveva stabilito l’incostituzionalità di alcune parti del Porcellum, il precedente sistema elettorale che consentiva alla coalizione che otteneva più voti – indipendentemente dalla percentuale – di vedersi automaticamente assegnata la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei Deputati. A riprova i risultati elettorali del 2013, con la coalizione di centrosinistra guidata da Pierluigi Bersani che, con il 29,55 per cento dei voti, aveva ottenuto il premio di maggioranza pari a 340 deputati eletti alla Camera, il 54 per cento dei seggi, mentre la coalizione di centrodestra guidata da Silvio Berlusconi con il 29,18 per cento dei voti poteva contare su 124 deputati eletti alla Camera.
Così si arriva all’Italicum che, oltre a eliminare il concetto di coalizione tra liste, determina che qualora una lista riesca ad arrivare prima ottenendo oltre il 40 per cento dei voti validi, ottenga un premio di maggioranza di 340 seggi. Qualora nessuna lista raggiunga la soglia del 40 per cento dei voti, le prime due liste più votate dovranno sfidarsi in un successivo turno di ballottaggio, introdotto per la prima volta nella storia repubblicana in un’elezione per il Parlamento, in cui chi raccoglierà più voti, otterrà il premio di maggioranza. Gli altri seggi saranno assegnati proporzionalmente in base ai voti ottenuti tra tutte le altre singole liste che hanno ottenuto più del 3 per cento.
A questo punto, però, con il possibile intervento della Corte Costituzionale, l’Italicum potrebbe diventare un’altra cosa. Potrebbe addirittura ricomparire sulla scena il Mattarellum, la legge elettorale che fu sostituita dal Porcellum a fine 2005 e che porta il nome proprio dell’attuale presidente della Repubblica, ipotesi oggi sostenuta da una parte del Pd ma, soprattutto, dal leader leghista Salvini. ugo-de-siervo
Trattasi di un sistema misto a prevalenza maggioritario che, nello specifico, prevede per la Camera l’elezione del 75% dei deputati con collegi uninominali e il restante 25% con un sistema proporzionale. Per la parte maggioritaria viene eletto il candidato che ottiene più voti, mentre nel proporzionale, dove non si esprime la preferenza, accedono alla suddivisione dei seggi le liste che hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%.
In questo panorama complesso e in rapido e costante mutamento va anche considerata “l’ipotesi che la Consulta decida di salvare integralmente l’impianto della legge, nel senso che potrebbe dichiararsi incompetente a intervenire” come ha commentato Ugo De Siervo, presidente emerito della Corte Costituzionale. “Se poi invece avesse il coraggio e la determinazione di intervenire nel merito, potrebbe eliminare qualche punto, ma non fare operazioni per così dire ‘creative’, né tantomeno riscrivere la legge in toto. Questo va detto chiaramente”.
La decisione finale spetterebbe comunque al Parlamento: al governo Gentiloni il compito di mediare e ai gruppi parlamentari quello di elaborare soluzioni coerenti fra loro.

Domenico Daniele Battaglia