Girl power. Roberta Vinci, una vita per il tennis

Girl power. Roberta Vinci, una vita per il tennis

Dalle giovanili con Flavia Pennetta al successo agli Us Open

Pubblicità, sponsor, messaggi dei fan e inviti a trasmissioni televisive e radiofoniche. Dopo aver battuto nella semifinale degli Us Open la numero uno del tennis mondiale, Serena Williams, e dopo aver disputato la finalissima a New York, Roberta Vinci ha ottenuto una fama internazionale. Mai avrebbe pensato che a trentadue anni potesse ancora mietere successi, un’amara consapevolezza che l’aveva fatta riflettere sull’ipotesi di un possibile ritiro. La vita però a volte riserva cose inaspettate e a lei ha deciso di regalare il ruolo di protagonista indiscussa della competizione negli Stati Uniti. Un torneo che ha radicalmente cambiato la sua vita. All’inizio della manifestazione occupava la quarantatreesima posizione del ranking della Women’s Tennis Association, ma dopo la vittoria contro la Williams è passata a testa di serie, uno status che le permetterà di confrontarsi con sfide più stimolanti. Ma cosa si cela dietro il profilo della sportiva? Una ragazza forte che, come lei stessa si è definita in varie interviste, talvolta è irascibile, lunatica, permalosissima, dura, orgogliosa e testarda. Lo sa bene il suo allenatore, Francesco Cinà, con cui ha instaurato un rapporto al limite della simbiosi. È stato proprio lui a smussare gli angoli più spigolosi della sua personalità, rendendola in mezzo al campo tranquilla, positiva e concentrata.
Chi le ha ispirato la passione per questo sport è stato suo padre Angelo, giocatore amatoriale ed ex commercialista oggi in pensione, quando la portava, insieme al fratello Francesco, al campo di tennis. È stato lì che all’età di sei anni ha impugnato la prima racchetta e fatto le prime battute contro un muro. Un rapporto, quello con la famiglia e con sua madre Livia, che le ha donato molto, anche se accanto a tanta dolcezza per molto tempo è rimasta un po’ di soggezione. Alle prime partite infatti Roberta chiedeva ai genitori di non assistere direttamente, ma di seguirle attraverso il livescore: saperli tra il pubblico la deconcentrava.
Grazie ai primi successi la giovane ha attirato l’attenzione dei talent scout e all’età di tredici anni la Federazione Italiana Tennis l’ha invitata a trasferirsi a Roma: una scelta sentimentalmente dura quella di separarsi in tenera età dalla famiglia, ma altrettanto necessaria per il proseguimento della sua carriera, poiché a Taranto, in Puglia, Roberta ha rischiato di non riuscire a conciliare scuola, compiti a casa, sedute di allenamento e tornei. Nella capitale tutto è diverso ed è qui che conosce Flavia Pennetta, anche lei nata e cresciuta in Puglia, con cui instaura fin da subito una splendida amicizia, fatta di sorrisi e complicità, ricordati in aneddoti divertenti spesso raccontati durante le interviste. Proprio in alcuni di questi racconti sono emersi anche i tanti sacrifici e le sofferenze che le due sportive hanno sopportato insieme. Un’amicizia la loro che è stata ripresa dalle telecamere di tutto il mondo, che hanno immortalato l’abbraccio di quasi un minuto alla finale degli Open Usa, dove la Pennetta ha avuto la meglio.
È nel 1999 che inizia la sua carriera da professionista e i primi successi non tardano ad arrivare, come le semifinali nel doppio del Roland Garros e dell’Us Open. Nel 2005 debutta come singola, vincendo quattro Fed Cup e nel 2013 arriva all’ undicesima posizione del ranking. Poi i successi in coppia con Sara Errani dal 2010 al 2014, con cui ha trionfato in ben venticinque tornei, compreso il Grande Slam, diventando la prima coppia italiana a completare il Career Grand Slam.
Poi il grande match contro Serena Williams, una semifinale già passata alla storia, non solo per l’inaspettato risultato (la stessa Roberta ha dichiarato che il giorno prima aveva già prenotato il volo di ritorno in Italia, consapevole di non avere speranze, ndr), ma anche per la curiosa pausa sul 5 a 4 per l’italiana. La giocatrice azzurra è rimasta per l’intero intervallo sotto l’asciugamano, parlando a se stessa e lasciando tutto il mondo fuori. È rientrata sul terreno di gioco e ha sfoderato un demi-volè da manuale, della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Anche se non si sono mai parlate a lungo, la Vinci è sicura di averla fatta arrabbiare un bel po’, battendola davanti al suo pubblico, a due match dal Grande Slam e rovinandole una stagione quasi perfetta.
Dalla finale agli Open USA del 2015, Roberta Vinci è passata da semplice sportiva a icona di un made in Italy umano, esempio dell’italiano che non si arrende e, grazie a una nota rivista femminile, anche modella. Una notorietà da cui viene protetta da Susanna Attili, la moglie del suo coach, che intrattiene per lei le relazioni con i media e gli sponsor; e dal padre Angelo, che le fa da manager, conservandole nella sua stanza a Taranto, trofei, foto e articoli. Oggi, Roberta vive a Palermo in Sicilia, ed è proprio nella città siciliana che si trova il country club, di cui è socia onoraria e in cui si allena. Campo, palestra, centro estetico, piscina, tennis e tanti amici la distraggono dalle bellezze della città, per la quale si sposta in motorino. Svestiti i panni di giocatrice, indossa quelli di ragazza normale, a cui piace fare shopping, ma senza esagerare, preferendo investire i suoi risparmi nell’acquisto di case.
Mirko Giustini