L'Italia delle contraddizioni nel rapporto con lo straniero

L'Italia delle contraddizioni nel rapporto con lo straniero
È uno dei temi più caldi e controversi degli ultimi anni, priorità insoluta di gran parte dei governi al potere, il dilemma immigrazione sì/immigrazione no, torna periodicamente a dividere gli italiani a ad animarne le discussioni, che si tratti di rinomati salotti televisivi o di chiacchiere da bar.
Se ne riparla, puntualmente, ogni volta che un fatto sale agli onori delle cronache, come la ribellione di una periferia, si veda l’aggressione ai danni della struttura di accoglienza nel quartiere Tor Sapienza di Roma, o in estate, quando i continui sbarchi a Lampedusa richiamano l’attenzione di tutto il paese .
I partiti ne hanno fatto terreno di scontro elettorale, nonché di raccolta di consensi che ci si esprima in uno o nell’altro senso: Matteo Salvini, presidente della Lega Nord, ha fatto del suo approccio duro e intransigente, motivo (tristemente) di popolarità e risonanza, mentre le dichiarazioni di Beppe Grillo hanno scatenato non poche polemiche e dissensi anche tra i simpatizzanti del Movimento, quando aveva proposto l’immediata identificazione degli sbarcati e la loro classificazione in profughi o clandestini – questi ultimi da espellere immediatamente –, adducendo anche il pericolo di contagi e infezioni.
Resta il fatto che la maggioranza degli abitanti del Belpaese ha dimostrato non poche lacune in merito alla questione, classificandosi come il paese meno informato rispetto al fenomeno dei flussi migratori, dove si pensa che gli immigrati residenti sul suolo italiano siano il 30% della popolazione, contro il 7% del dato reale. Nessuno al mondo ha una visione distorta della realtà come la nostra.
Il 56% degli italiani intervistati in un recente sondaggio – parte di una ricerca presentata da Ipsos dal titolo "L’immigrazione straniera: opportunità, risorse, problemi" – concorda sulla necessità di rispedire a casa molti degli immigrati, per il numero sempre crescente di arrivi nella Penisola.
Ancora più consistente la fetta di cittadini che crede che il nostro paese sia solo nel fronteggiare l’emergenza e che non sia adeguatamente supportato dall’Europa.
Riguardo alle politiche intraprese dal governo circa la questione immigrazione il confine si fa più labile: c’è chi crede che andrebbe posto un limite alla tolleranza italiana nei confronti del fenomeno, chi crede che l’approccio sia stato corretto, chi pensa che avremmo potuto fare di più per aiutare i profughi, quantomeno essere più solidali.
All’interno di queste percentuali, ci sono inclinazioni che avremmo potuto già immaginare, come il fatto che tra le voci contrarie non figuri l’elettorato del partito di governo, il Pd, mentre compaiono alternate opinioni che stupiscono per la loro provenienza, come il fatto che una maggioranza cattolica, andando controcorrente rispetto alle posizioni assunte dal Papa, critica quello che ritiene un eccesso di tolleranza verso un fenomeno che, invece, costituisce un serio pericolo.
Tuttavia, ciò che sembrerebbe creare maggiori difficoltà all’attuale squadra di governo, l’approvazione dello ius soli – il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia e che abbiano completato almeno un ciclo scolastico nel paese– nella realtà raccoglie il consenso di un inaspettato 43% del campione.
Se quindi la questione degli sbarchi crea non poche divergenze tra gli italiani, prevale l’accordo circa la cittadinanza.
A confondere le idee, la concezione prevalente degli stranieri come gruppo indistinto e fenomeno sociale, che non considera che tra 5 milioni di immigrati, le provenienze geografiche, lo status lavorativo e il periodo di permanenza variano incredibilmente, difatti i pareri cambiano quando si fa riferimento a persone straniere con cui si entra quotidianamente in contatto e con cui si è instaurato un legame affettivo.
Il dibattito resta sempre aperto alle oscillazioni periodiche di opinione pubblica e politica, che laddove mostrano segni di apertura, rispondono con esempi d’intolleranza e chiusura al dialogo tra culture.